Inediti di Luca Benassi: “4250”

4250


(nome)

Forse darò un nome a questa terra
che separa il binario tre dal mare
e inciderò i segni e i colori
sul selciato della pensilina
nel taglio degli occhi che mi attende
all’altro capo della linea.
Darò un nome a questa attesa
agli annunci, alla fila delle stazioni
che scorre rossa sul monitor
mentre arriva il mio convoglio.
Si parte così, ascoltando il vento
che porta il suono della sabbia
scolpita dai passi di questa ostinazione
del ritornare all’orizzonte
dei nostri volti.



(banchina)

Sulla banchina siamo in pochi
a sfidare la corsa dei convogli
a pochi centimetri dal cuore,
la ragazza bionda che guarda il cellulare
il nigeriano che specchia il futuro negli occhiali
l’impiegato con la maglietta blu
che scende sempre a Marzocca
e il mio stare fermo sulla linea gialla
come a una frontiera
in attesa del tuo lasciapassare
che ci riporti nella pace
all’ultimo arrivo della luce.



(preghiera)

Sayed è salito con la camicia
stretta ai polsi e lo sguardo perduto
all’orlo delle banchine.
Si toglie le scarpe,
mentre la voce annuncia Marotta
e prega toccandosi il cuore
con gli occhi di chi conosce l’attesa
e la pelle che pare carbone e grano.
Guarda il mare e poi la mia borsa
mentre il vagone sembra sentire
il peso del cielo
e le onde che fanno paura
nella luce stanca
che chiede riposo anche alle stelle.



(ragazzi)

Adrian raccoglie i piedi al petto
mentre guarda la linea dritta dei binari
e Ioanna gli toglie il bianco della calce
dalla fronte.
Quella linea è l’occhio della ragazza
il gesto preciso delle mani ventenni
la firma sul contratto,
le mura di Fano, l’arco e il suo trionfo
i fiori sulla tovaglia a casa,
quel grembo stretto
che è lievito e pane
e riposo, come questo mare
che apre lo sguardo al nostro cielo.



(arrivando)

Mi chiami sempre a Senigallia
con i tre fischi delle porte
a ricordarmi di tornare.
Dove sei? mi chiedi
come se questo orizzonte alla mia destra
fosse un vuoto spietato da colmare.
Da qualche parte rispondo
e la risposta ti basta,
come le costellazioni sul terrazzo
il bacio, la mano forte che ti stringe
il passero che ruba
la nostra casa di molliche
dal mio palmo al ristorante.


Nota: 4250 è il numero del Treno Regionale Ancona-Pesaro delle 19.15




Luca Benassi è nato a Roma nel 1976 dove vive e lavora. Ha pubblicato cinque raccolte di poesia. Quattro antologie poetiche sono uscite in giapponese (insieme alla poetessa Maki Strfield, edizione e-book, 2016), spagnolo (2018), macedone (edizione bilingue, 2019) e serbo (2019). Ha tradotto De Weg del poeta fiammingo Germain Droogenbroodt (Il Cammino, 2002). Ha pubblicato la raccolta di saggi critici Rivi strozzati poeti italiani negli anni duemila (2010). Ha curato le opere antologiche complessive di Cristina Annino (Magnificat. Poesia 1969 – 2009, 2009), Achille Serrao (Percorsi nella poesia di Achille Serrao, 2013) e Dante Maffìa (La casa dei Falconi, poesia 1974-2014, 2014).


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