Tre classici di Dylan Thomas

Immagine: da Poesia, Crocetti, Anno III, nr. 26, 2/1990, pag. 17


E la morte non avrà più dominio

E la morte non avrà dominio.
Nudi i morti nudi saranno una sola cosa
Coll’uomo nel vento e la luna d’occidente;
Quando le loro ossa saranno mondate e le ossa mondate dissolte,
Ai gomiti e ai piedi avranno stelle;
Sebbene impazziscano saranno assennati,
Sebbene sprofondino risorgeranno dal mare,
Sebbene gli amanti si perdano si ritroverà l’amore;
E la morte non avrà dominio.

E la morte non avrà dominio.
Sotto i labirinti del mare
Giacendo a lungo nella vanità non moriranno;
Contratti su cavalletti mentre i nervi si disciolgono.
Legati a una ruota, non si fiaccheranno;
La fede nelle loro mani si spezzerà,
E gli unicorni del male li trapasseranno;
Scissi in ogni direzione non s’incrineranno;
E la morte non avrà dominio.

E la morte non avrà dominio.
I gabbiani non urleranno più al loro udito
Né le onde si spezzeranno nel fragore sulle rive del mare;
Dove un fiore sbocciò un fiore non potrà mai più
Alzare il capo alle raffiche della pioggia;
Sebbene siano impazziti e morti stecchiti;
Le teste dei caratteri martellerà attraverso le margherite;
Eromperanno al sole finché il sole non sprofonderà,
E la morte non avrà dominio.

(da Collected Poems 1934-1952, trad. di Tomaso Kemeny
in Poesia, Crocetti, Anno III, nr. 26, 2/1990, pag. 19)


Nel principio

Nel principio era la stella a tre punte,
L’unico sorriso di luce attraverso il volto vuoto;
L’unico ramo di osso attraverso le radici dell’aria,
La sostanza biforcata che immidollò il primo sole;
E, cifre ardenti nella sfera dello spazio,
Si confusero paradiso e inferno mentre ruotarono.

Nel principio era la segnatura esangue,
Di tre sillabe e stellata come il sorriso;
E dopo vennero le impronte sull’acqua,
Marchio del volto scolpito nella luna;
Il sangue che lambì la croce e il calice
Lambì la prima nube e lasciò un presagio.

Nel principio era il fuoco in ascensione
Che accese i climi in una scintilla,
Scintilla di tre occhi vermigli, smussata come un fiore;
La vita sorse e sgorgò dai mari turbinanti,
Esplosa nelle radici, estratta dalla terra e dalla roccia
Petrolio segreto che spinge l’erba.

Nel principio era la parola, la parola
Che dai fondamentali solidi della luce
Astrasse tutte le lettere del vuoto;
E dalle basi nuvolose del respiro
La parola straripò, traducendo al cuore
I primi caratteri della nascita e della morte.

Nel principio era la mente segreta.
La mente fu imprigionata e congiunta al pensiero
Prima che la pece si biforcasse a un sole;
Prima che le venne tremassero nel loro setaccio,
Il sangue si rovesciò e si sparse ai venti di luce
L’ossatura iniziale dell’amore.

(da Collected Poems 1934-1952, trad. di Tomaso Kemeny
in Poesia, Crocetti, Anno III, nr. 26, 2/1990, pag. 18)


Non andare ingenuo in quella buona notte

Non andare ingenuo in quella buona notte,
a giorno concluso i vecchi dovrebbero ardere e delirare;
insorgi, insorgi contro la luce che muore.

Nonostante i saggi sappiano giusta l’oscurità
alla fine, quando le loro parole dividono la luce,
non vanno ingenui in quella buona notte.

I buoni, con l’ultimo cenno, piangendo per quanto
brillerebbero danzando in una baia verde,
insorgono, insorgono contro la luce che muore.

I selvaggi che presero il sole e cantarono
e troppo tardi capirono di averlo ormai afflitto,
non vanno ingenui in quella buona notte.

Chi solenne, vicino alla morte, si accorse cieco che i ciechi
con occhi di meteora potevano gioire,
insorge, insorge contro la luce che muore.

E tu, padre mio, su questa triste altura ti prego
benedicimi, maledicimi con le tue lacrime feroci.
Non andartene ingenuo in quella buona notte.
Insorgi, insorgi contro la luce che muore.

(da Collected Poems 1934-1953, Everyman, London, 1993, a cura di W. Davies e R. Maud
Traduzione di Mattia Tarantino, su Poetarum silva del 27 marzo 2020)





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1 Comment

  1. Poesie influenzate da uno stile biblico, cadenza di profezia, parole apocalittiche divise fra annientamento e speranza. Sono straordinarie e l’invito a insorgere contro la luce che muore lo faccio mio, come dovrebbero farlo loro tutti gli uomini scevri dal cinismo, immuni all’indifferenza, dotati ancora di coscienza desta. Grazie Alfredo e buona domenica.

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