Sergio Gallo, “Eden – Memorie di un cittadino sospeso”. Lettura di Mario Marchisio e testi scelti, con traduzioni in latino e inglese-americano di Dario Rivarossa

Sergio Gallo, Eden – Memorie di un cittadino sospeso, Sensibili alle foglie, 2022. Illustrazioni di Alessandra Gasperini, prefazione di Paolo Gera


Nota di lettura di Mario Marchisio


L’amore della libertà, così come quello del prossimo e quello dell’arte, sono in realtà molto meno frequenti di come, fantasticando, ci si convinca. Per limitarsi al primo dei tre, basti pensare alla flaccidezza d’animo con cui la stragrande maggioranza, nel corso di un paio d’anni abbondanti, ha rinunciato ai propri diritti fondamentali per non offendere i sacerdoti della scienza o non rischiare di giocarsi le vacanze estive piuttosto che la grigliata con gli amici. Ben differente è stato il caso – tragico! – di chi ha ceduto per non perdere il lavoro e mantenere i propri figli. Ma sempre, comunque, si è trattato di mettere la libertà sotto il cuscino della paura o del conformismo per poi adagiarvi il sedere turandosi ermeticamente il cervello.
Tutto ciò premesso – vale a dire il momento storico che ha visto nascere i versi di Eden –,come fornire un’idea più chiara ed esaustiva della nuova raccolta poetica di Sergio Gallo rispetto a quanto è riuscito a compiere Paolo Gera nella sua Prefazione? Chi l’abbia letta, rinuncerà subito a una simile impresa. Per non ripetere dunque le osservazioni di Gera, farò solo un accenno a quanto ho riscontrato di diverso, a prescindere dal tema, in questo libro di Gallo confrontandolo coi precedenti. Mi riferisco a quel sottile mutamento prospettico che consente la fusione tra la resa lenticolare di piccoli (o microscopici) esseri viventi, animali e vegetali, e il sorgere armonioso, senza enfasi né forzature, di un segno profetico di riscossa che proprio da quei mondi così lontani dai nostri sguardi abituali è in grado di erompere alla luce. Dove non riescono altre forme di ricerca, la poesia riesce.
Ha certo ragione il prefatore nel sottolineare l’assenza di una dimensione metaforica (e “sentimentale”) in questa sinfonia assai poco edenica. Resta tuttavia il fatto che in virtù della similitudine – il precursore del simbolo e della metafora –, la rivolta di quegli esseri umili e pressoché impercettibili pone le basi di un’implicita, veemente esortazione a lottare: non già per fumosi e astratti ideali ma per la vera e sacrosanta libertà: «Da coloro che non hanno parola / agli adoratori dell’insana menzogna / presto o tardi giungerà risposta» (Nota Croco albifloro).
Concludo queste scarne note aggiungendo che le illustrazioni di Alessandra Gasparini costituiscono un delicato contrappunto per immagini ai versi di Gallo, una serie di soste preziose alla mente non meno che che agli occhi di quanti leggeranno il libro del poeta saviglianese.

Due testi scelti da Mario Marchisio


Opilionidi *

Ridono di noi, bipedi vili
mentre vispi ci spiano
dai loro angoletti umidi.

Si prendono beffa di noi
prodigi della creazione,
perennemente affannati
in corse sempre più pazze
in lotte sempre più assurde.

E loro, ragnetti dalle ombre lunghe
con eleganti movimenti
padroneggiano
esili trampoliformi zampe
tra le asperità del mondo.

Salvo distaccarsene, se catturati
onde scampare pericolo,
a guisa di tipule

al nemico lasciando – per gioco
o in ricordo – soltanto
un arto tremebondo.

* Opilionidi: riscrittura dell’omonima poesia presente in Pensieri d’amore e di disastro (Tipografia Saviglianese, 1991).


Spaccasassi

Un calmo vigore ravviva
i tuoi rami contorti; disegna
forme sulle rocce, artigli
cinerei verso l’ignoto.

Rami nodosi il cui apice
sfida la limpidezza del cielo:
un volto segnato da rughe
nello specchio serafico
d’un laghetto turchese.

Segni ancestrali di pastori
tra luci e ombre, preistoriche
incisioni rupestri. Le anime,
bacche sferiche, virano
dal verde, al rosso, al nero-bluastro.

Una coppia di culbianchi
da poco giunti dal Sahara
saltella a piccoli balzi
dentro e fuori una cavità:
indaffarati non badano
agli schiamazzi d’uno stormo
di corvi imperiali,
ai volteggi del gipeto
in cerca di carogne.

Non moriremo invano, mia cara.
Non senza far riconoscere
il bene dal male; puntare il dito
contro il sorriso ingannatore
celante la maschera demoniaca.
Come lo spaccasassi
sgretoleremo le fessure.
Goccia dopo goccia
scaveremo la pietra.



Due testi, con traduzioni di Dario Rivarossa, scelti da Alfredo Rienzi

Miocardio
II.


Lercio barbone acquattato
tra i tenebrosi antri di Perugia
nell’ipogea fortezza Paolina,
nero cuore violato da scale mobili;
l’incedere fluttuante e vermiforme
di trilobita dagli occhi peduncolati
racchiuso in corazza spinosa.

Su piane d’abissi, fondali oceanici
cetriolo pascolante tra i rifiuti
cerca di lenire i morsi della fame;
sulle scaffe delle rocce, da vene cave
con mani tremolanti ingolla
avidi sorsi di vino inacidito
per sedare la sete insaziabile.

Tra valvole tricuspidi, mitraliche
vacillanti fibre contrattili
elemosina monete, sigarette
come spremesse sangue dall’atrio
al ventricolo e dall’apice sinistro
per rabbiosa sistole, strizzasse
e sospingesse plasma nelle arterie.

Io turista, senza lavoro; lui
accattone in ricorrente fibrillazione:
usurato, affaticato, dal battito
irregolare. Miocardio invendibile
al mercato degli organi, al limite
prelevabile – logora suppellettile –
direttamente dalla discarica.

Immaginario nel tempo reale
o reale in un tempo immaginario:
di me, immagine speculare.


Myocardium
II.


Pauper iacens quidam sordidus
in Augustae antris Perusiae caecis
castrorum Pauli infernorum Tertii,
nigro sicut perforato cardio scalis;

stipem emendicat nummos cigarettasque
sanguinem quasi exprimens ex atrio
in ventriculum, laevoque ex culmine
per systolem iratam quasi stringens
humorem pellit rubrum in arterias.

Viator ego officio vacans, cum ille
mendicus cuius agitatio perennis,
tabescens et laborans palpitationibus
sub enormis. Myocardium nemo eius

emet in foro humanae carnis, forte
capiet consumptam supellectilem talem
sine mediatore e purgamentis.

Imaginarius in veritate temporis
aut imaginario in tempore verus:
repercussa mei effigies in speculo.

(selezione-traduzione di Dario Rivarossa)


Achillea erba-rotta
(Achillea erba-rotta)

It is terrible to survive / as consciousness
buried in the dark earth

                 Louise Gluck, The Wild Iris

Con le sommità fiorite
dell’achillea erba-rotta
del genepì nero, del genepì bianco
che sempre più rade crescono
in macereti, tra detriti morenici
si preparano liquori aromatici.

Lo stesso con i fiori blu, gialli o viola
di svariate genzianelle, che qua e là
ancora spuntano nei pascoli alpini,
tra le ombre dei veratri bianchi
e le torri delle genziane maggiori,
delle quali si usano le amare radici.

Pare incredibile oramai
che tra la flora spontanea di quota
a cicli possa ripetersi
il miracolo della fioritura.

Dalla coscienza invece,
radice sepolta nel profondo
della terra scura,
si può estrarre solo
un’essenza pungente, catramosa.

Talvolta
può non bastare
un’esistenza intera
all’anima
per fiorire.


Leaved milfoil
(Achillea erba-rotta)


It is terrible to survive / as conscoiousness
buried in the dark earth

                 Louise Gluck, The Wild Iris

With the blooming tops
of leaved milfoil Achillea
of black, of white genepì
that sparser and sparser grow
among morainic debris
aromatic liquors are made.

So with the yellow, blue, purple flowers
of varied gentianellas, that here and there
still sprout in the Alps’ pastures
beneath shades of old Veratrums
and towers of Gentiana lutea,
the bitter roots of which are used.

It seems even unbelievable
that in the mountain flora now
there may cyclically be repeated
the miracle of florescence.

From conscience however,
a root buried in the depths
of the darkest earth,
you will solely extract
a sour and tarry essence.

Sometimes
a whole existence
may not suffice
to one’s soul
to blossom.

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Sergio Gallo (Cuneo, 1968) è laureato in Farmacia. Ha pubblicato: Pensieri d’amore e di disastro, Tipografia Saviglianese 1991, La giostra di Venere, Mario Astegiano Ed. 2003; Canti dell’amore perduto, puntoacapo, 2010; Pharmakon, puntoacapo, 2014; Corvi con la museruola, LietoColle 2017; Beccodilepre – poesie sulla montagna 2006-2018, puntoacapo, 2018; Approdi/Landings, Arsenio Edizioni, 2020. Ultima opera in versi è Amnesia dell’originepuntoacapo 2021. Ha vinto il Premio Giacomo Leopardi 2006, il Nuove Lettere 2010 e il Guido Gozzano 2013. Suoi versi sono apparsi su La clessidra, Pagine, Le Voci della Luna, Il Segnale, Amado mio, Mosaico italiano e in diverse antologie.

Leggi anche, nel blog:
Sergio Gallo, I fiori delle rocce, inediti, 22 giugno 2022
Gli “approdi dei versi fuggiaschi” di Sergio Gallo
Testi da “Amnesia dell’origine” di Sergio Gallo, 18 marzo 2021

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