Del qui e dell’altrove nella poesia italiana moderna e contemporanea, Ed. dell’Orso, Collana Studi e Ricerche, 2011
Nota dell’Autore
Ho raccolto nel presente volume alcuni saggi sulla poesia italiana moderna e contemporanea, scritti a partire dai primi anni del 2000, nei quali mi è occorso di affrontare aspetti e argomenti riconducibili, in diversi modi, al tema del confine, del limite: del qui e dell’altrove. Non ho ovviamente inteso, con ciò, realizzare un’esplorazione sistematica di tali tematiche, affrontate per gli spunti che ogni singola opera trattata ha offerto.
Ho inteso privilegiare, già dal momento della stesura originaria dei saggi, quelle esplorazioni che privilegiassero uno sguardo altro e oltre le contingenze dell’hic et nunc, polarità simmetrica e speculare rispetto a quella dell’altrove, che ha tuttavia assunto nella poesia dominante del secondo Novecento un ruolo di sbilanciato predominio.
Gli scritti, in parte, sono stati pubblicati su riviste e/o comparsi su siti web letterari e vengono qui riproposti, talora con qualche lieve revisione. Altri risultano inediti e qualcuno è stato scritto per l’occasione.
Nota in Quarta di copertina
Il pensiero materialista-individualista occidentale ha prodotto distorsioni nella fisiologicità del trapasso, una diversa percezione della morte stessa: la morte, iper-rappresentata, è di fatto esorcizzata, è sempre un imprevisto, quasi un fatto innaturale, della quale, sempre più spesso, occorre reperire un colpevole.
La letteratura da sempre è stata lente e specchio delle civiltà storiche e dell’uomo, delle sue trasformazioni e delle sue costanti. Poesia e morte sono spesso andate a braccetto, come a dichiarare una sfiducia nei confronti del mondo e dell’esistenza, a catturare quello sguardo sofferto e a volte notturno, che il poeta, nello stereotipo culturale, più d’altri ha manifestato.
E che la potenza di certi versi tragga energia da vicende radicate nel mito più che nella storia, nell’atemporalità più che nello stretto angolo del giorno, fa ancora una volta dubitare del destino di tanta minuta poesia, recente e presente, nutrita dalle muffe dei nostri angoletti urbani e dalle sospette ipertrofie di un qui ed ora, necessitante, ma sciaguratamente orfano.