Su “Luoghi sospesi” di Annamaria Ferramosca. Recensione e testi

Annamaria Ferramosca, Luoghi sospesi. Recitativo in cinque stanze, puntoacapo Editrice, 2023
Nota di copertina di Elio Grasso

Il mondo di Annamaria Ferramosca
di Gianni Iasimone

Durante il nostro irriducibile casuale cammino (ma in assoluto niente succede a caso), ci sono degli incontri che erompono  come  una “straordinaria scoperta di fratellanza e sentire comune”. Questo è accaduto quando ho avuto il piacere di conoscere Annamaria Ferramosca e scoprire la sua “corposa” produzione poetica. In particolare il suo ultimo denso e intenso poema intitolato Luoghi sospesi, uscito per i tipi di Puntoacapo Editrice(2023), con una nota di Elio Grasso, già Premio Voci Città di Roma 2021, composto e proposto dalla stessa autrice come un “recitativo in cinque stanze”, e introdotto in epigrafe da un programmatico e immaginifico Pier Paolo Pasolini: «Noi non siamo mai esistiti, la realtà sono / queste forme nella sommità dei cieli».
In effetti, già dalle prime pagine, in una sorta di assenza di tempo e di spazio, anch’io come Ferramosca, salentina di origine e romana di adozione, cittadina disillusa di un mondo “prigioniero”, in un flusso poetico tra il sogno e la realtà, mi sono ritrovato a ripetere il suo canto libero sulle note di rime nascoste tra il “materiale” e il visionario e «ecco dilegua / il perimetro banale della stanza / la volta è cielo crollato // nell’attesa che il buio sedimenti / torno a cantare piano il desiderio / con parole nude come / ferite da rimarginare» (pag. 12). Così, da subito e, al contempo, qui e altrove, si chiarisce il titolo del libro: il desiderio, la voglia di capire l’essenza delle nostre esistenze di passaggio perse tra luoghi sospesi, temporanei, precari, incerti, non può prescindere dalla parola pur tra “rigore e disorientamento”. Perché “la letteratura non è solo uno specchio: è anche una mappa, una geografia della mente”, come direbbe Margaret Atwood. Luoghi geografici e luoghi interiori come passaggio di parole, antropologica trasmissione di sapere – allo stesso tempo un sapere antico, mitico e “trito”–, un modo di essere, «una rilevante attitudine: l’impervio terreno su cui costruire un nuovo mondo, non su ceneri, ma probabilmente su quanto resta di antichi fantasmi», come acutamente annota Elio Grasso sul risvolto del libro.
Dunque, il “peso del mondo” si ribalta per Ferramosca, non è soltanto l’iniziatica e, in questo caso, demartiniana “terra del rimorso”. Lo è ancor di più quell’esistenziale “camminare accanto” che deve portare a una salvifica consapevolezza: «terra mia terra circolare / vecchia ruota obbediente all’innesco / primordiale / magnifica sfera votata all’attrazione / tu che sopporti dell’umano ogni gravità / e reggi anche il mio peso / tu che paziente a ogni giro mi ripeti / l’infinito accoglie te come / il tutto e insieme il nulla / dunque non farti inutili domande» (pag. 37). Gli interrogativi restano e si propagano, non trovano risposte, solo la nostra tremante e invisibile “dis-lingua” resta lo strumento per rammemorare e non arrendersi alla nostra condizione di «solitudine un insulso vuoto/ tra moti caotici o / casualmente armonici / è a questo che devo credere?» (pag. 32).
Di là dal vetro, Si fa teatro, Fuori dalla finestra, Un nulla d’amore, Sarà come vincere, questi i titoli delle cinque sezioni che compongono il libro e disvelano la piena maturità della non più innocente Annamaria: «oh sapevo eccome lo sapevo / fin da bambina / che sarebbe finita così / che la parentesi vissuta – o mai vissuta – si sarebbe chiusa / con un arcano flop», e finalmente «farci spalancare gli occhi / di fronte a quel / non so che / visibile anche senza occhiali / di là dal vetro  fuori dalla finestra» (pag. 90).
Ecco, lo sguardo di Annamaria Ferramosca non si ferma mai alle “sue stanze”, va oltre, fuori dalla finestra «sospesa in volo» con doppio salto ritmico, e come una virgiliana Didone desidera ritornare «all’origine / ancora mare e terra» (pag. 69), oltre l’io lirico, dove «piovono segni» e «tremando / e imparavo / nomi come terra  confini  altrove // sentivo d’essere anch’io sconfinata / altissima  assetata di luce / avevo  ho ancora / ali di cera» (pag. 91). Cambia, si dilata, la prospettiva, così i suoi Luoghi sospesi (un tentativo di riumanizzazione del mondo e di sé?), la sua coscienza – la sua poetica – coglie in pieno l’antico tragico conflitto dell’uomo sulla Terra e la sua perenne ricerca di senso ontologico dell’esistenza contro l’insensatezza della vita umana, anche se «forse è nel sentire il senso? / sentire benevolenza salire dalla terra / sentire come largo l’amore scorre» (pag. 95).
Tuttavia, forse, più che la bontà umana, la poesia di Ferramosca, con i suoi continui cambi di registro, l’assenza di maiuscole, una lingua sempre alta, luminosa e sfaccettata, e l’alternarsi di versi in corsivo (brani inediti o ripresi con modifiche da precedenti pubblicazioni, come annota la poeta), sembra suggerire – come per rimarcare la domanda (questione) del capire ogni segno – che la nostra volontà di vivere non può non passare attraverso il mai banale sentimento. E, nonostante tutto, sempre scrivere «perché resti dell’umano / almeno un seme» (pag. 59), e ancora emozionarsi, “sentire” «prossimità in ogni creatura / sentire il suo sfolgorio il suo declino / sentire tutta la mite materia terrestre»  «ogni volta rinascere mite // e tu sentirti il nativo /appena uscito dalla foresta / ne conservi il profumo /pallido nell’attesa  incredulo / serrati gli occhi a fermare / all’orizzonte / tutto quell’oro che lampeggia» (pag. 95).
Tutto il resto è finzione, giocare “a fare teatro”, è niente.        
Gianni Iasimone

Acquista il libro

Selezione di testi
(a cura di A.R.)


Di là dal vetro

bambina
isola d’occhi indagatrice
non avverte fame né sete
fuori dal tempo
sola nella stanza
per ore a guardare
di là dal vetro
fuori dalla finestra

[…]

sono così misteriose queste cose     mi angosciano
mi danno il mal di testa
forse capirò tutto da grande
ora meglio non pensarci      meglio
giocare con il gatto bianco
lui sì     è vero     sento
il suo calore
mi arriva dritto dentro
lui sì mi legge nel pensiero
anche lui resta ore fermo a guardare
di là dal vetro     fuori dalla finestra
forse veniamo entrambi da una stessa stella
di cui non ricordo nulla
dove     dove eravamo prima     io e il mio gatto?


ecco dilegua
il perimetro banale della stanza
la volta è cielo crollato

nell’attesa che il buio sedimenti
torno a cantare piano il desiderio
con parole nude     come
ferite da rimarginare

sto ascoltando

il suono dei destini     un crescendo
modulato     un cantico

sto ritornando alla previta
all’esultanza dell’embrione
svaniscono
recessi ostacoli
restano allegre lallazioni
grida cristalline
            lanciate in alto




Si fa teatro

[…]

attori     maschere assolute
             – personae suona ironico –
così facile per loro – inesistenti –
impersonare l’inapparenza
illudere presumendo
di dominare la scena
dire     gesticolare     perfino scimmiottare
queste mie stranite domande
teatranti!     non sono che fantasmi
in troppi
mi si aggirano intorno
troppi
           illusionisti
troppi
          mimi del nulla


[…]


si cresce si canta si studia
si legge Giacomo il solitario
anche lui monade viva o miraggio?

vedo la sua profetica scintilla
baluginare prima tra le mille
che scoccano negli urti neuronali

a imper-versare a dire
amaradolce e impenetrabile la vita



Fuori dalla finestra

[…]

una specie di lamento sottile
un gemito piccolo di gioia
come un timbro distorto per l’iridescenza delle acque
è la voce embrionale che attraversa la bolla salina
risuona nelle vene alla madre
e preme e le canta la sua elementare infanzia
chiede di sfolgorare in concerto nel giorno
dell’uscita luminosa     quando
il minuscolo corpo verrà adagiato
sull’addomepianeta che riconosce
l’emissione di onde alla madre si compie
per distacco di corone vocali sottili come aureole
e lei interpreta e trema e costruisce
un paesaggio di case-alberi-strade
divinazione al primo cammino
lei avvia un’assertiva preghiera
salute prima poi bellezza e buona sorte ex aequo
tutto accadrà dovrà accadere
per volontà – rito – destino
o solo
       per un in-cantamento



ammettiamo pure che
tutti siamo
e tutti abitano in me     e io in tutti
allora     davvero diverremo tutti
altissimi e umili
ché tutti conteniamo ogni bene ogni male
e solo guardarci negli occhi
ci farà insieme attraversare
                         ogni deserto ogni oceano



Sarà come vincere

[…]

sentiamoci in cerchio
– uso l’esortativo plurale per con-solazione –
tocchiamo la magnifica interazione
si animano le parole
sì davvero creano anima
quando siamo     dico siamo     insieme
insieme anche nel perdere
ché se solo uno perde
perdiamo tutti     ma
sarà come vincere

[…]

sì     questa è una commedia
dettatasi da sola
in brani di scarna comicità
se verità è
che tutto vive e nulla sopravvive
se pure la scrittura
sarà meno che fumo
       e nessuno
potrà mai decifrarla

[…]

un’ipotesi è che la nostra origine sia fumo
che sale da un sacrificio primordiale
sacri-ficio è parola altissima
come posso comprenderla se
contiene il sacro
da sempre inaccostabile mistero
che merita rispetto?

ma perd’io     anch’io mi sento
meritevole di minimo riguardo
anche se abito
molto molto in basso     anzi spesso
come si legge dubito
perfino d’essere!

Annamaria Ferramosca ha pubblicato in poesia: Il versante vero (Fermenti 1999), Porte/Doors (Edizioni del Leone 2002), Canti della prossimità, in La Poesia Anima Mundi (puntoacapo 2011), Paso Doble (Empiria 2006, con Anamaría Crowe Serrano), Curve di livello (Marsilio 2006), Other Signs, Other Circles – Selected Poems 1990- 2009 (Chelsea Editions 2009, traduzione di Anamaría Crowe Serrano e Riccardo Duranti), Ciclica (La Vita Felice 2014), TritticiIl segno e la parola (DotcomPress 2016), Andare per salti (Arcipelago Itaca 2017), Per segni accesi (Ladolfi 2021). È presente nelle antologie: Aria di casa, a cura di Donato Valli (Congedo 2005), Blanc de ta nuque, vol I e II (Le Voci della Luna 2011 e 2016), Poeti e Poetiche, a cura di Gianmario Lucini (CFR 2012), Il fiore della Poesia Italiana. I Contemporanei (puntoacapo 2016), Sud – I Poeti, vol. 13, a cura di Bonifacio Vincenzi (Macabor 2022). Ha lavorato nella redazione di Poesia2punto0.com. Suoi contributi appaiono sulle principali riviste. Collabora con lit-siti e blog (Perigeion, La dimora del tempo sospeso, Versante Ripido, L’EstroVerso, LaRecherche, e altre). È vincitrice dei Premi Gozzano, Renato Giorgi, Astrolabio, Voci Città di Roma e finalista ai premi Camaiore, Pascoli, LericiPea, Montano, Europa in Versi, InediTo. Del 2022 è il Premio alla Carriera “Paesaggio Interiore”. Website: http://www.annamariaferramosca.it



















1 Comments

  1. Grazie infinite per la dilatazione in questo tuo curatissimo sito, Alfredo. E ancora grazie a Gianni Iasimone per questa insolita lettura, in cui profondamente mi riconosco. Buona estate e belle letture a tutti
    Annamaria Ferramosca
    Chi volesse contattarmi prima e dopo la lettura del libro, può farlo scrivendo a ferrannam@gmail.com.

    "Mi piace"

Lascia un commento