Tre poesie da “Passaggi / Treceri” di Silvia Rosa




Silvia Rosa, Treceri/Passaggi, trad. in romeno di Eliza Macadan, Editura Cosmopoli, 2023



*
In certi pomeriggi di novembre
una luccicanza d’acqua scivola
sui vetri della stanza e nell’acquario
della tua vita fitta di silenzi come
un’onda domestica si alza schietta
a lambire le pareti e il riverbero
opale degli assenti: sono schierati
in un piccolo esercito sulla credenza,
bidimensionali e sorridenti dal loro limbo
di frontiera, sembrano volerti dire
che tutto scorre in un imbuto di giorni
e che la sete vera non ha conforto,
finché la pioggia non cancella
l’orma fragile del tuo corpo.



*
Bagliore dopo bagliore lo sguardo
dilata e scontorna le linee del reale,
finisci per scambiare lo sciame luminoso
del profilo urbano con il firmamento,
uno slargo di abbagli a cui volgi l’alito
appannato da troppi desideri, un vortice
di luci artificiali che rischiarano
appena la paura della notte.
Ma non è che un’illusione, il brusio
di riflessi che tremolano in mille
volti inediti, tutto intorno. Non c’è
una direzione, uno sfondo certo
per l’approdo, la tua galassia è solo
un corteo di strade chiuse, una cortina
di palazzi che costellano il perimetro
del corpo: sei una figurina ritagliata
male, senza mani e piedi, che non
appartiene più a nessun luogo.



*
L’odore dell’asfalto inacidisce l’alba,
sbuffa un vento che smeriglia il cielo
e si incaglia tra i capelli, nella flanella
della sciarpa, con un brivido di gelo.
Le foglie ocra sono stese sul selciato,
un tappeto sparigliato, a volte crepitante,
altre di una mollezza scivolosa, quasi viscida,
l’infiorescenza della morte che puntuale
arriva ciclica. Tu non sai distinguere l’oriente
e il maestrale, ma non senti più quello spavento
che una volta ti cresceva in pancia, quando
vagavi in piazze forestiere dai nomi
impronunciabili. Guardi a te come fossi
un grumo oscuro in una campitura di bianchi
ariosi, un granello di cenere dentro
un’inquadratura poco a fuoco che si ripete
da varie angolature, un sontuoso vuoto
che spacca ogni venatura – un istante dopo
che qualcosa preme addosso, e ti schiaccia.



Silvia Rosa è nata nel 1976 a Torino, dove vive e insegna. Ha pubblicato: le raccolte poetiche Di sole voci (LietoColle, 2010; 2012), SoloMinuscolaScrittura (La Vita Felice, 2012),  Genealogia imperfetta (La Vita Felice, 2014), Tempo di riserva (Giuliano Ladolfi Editore, 2018), edizione bilingue spagnolo/italiano, Tiempo de reserva/Tempo di riserva, traduzione di Antonio Nazzaro (Ediciones en danza, 2022), Tutta la terra che ci resta (Vydia Editore, 2022), Treceri/Passaggi, edizione bilingue romeno/italiano, traduzione di Eliza Macadan (Editura Cosmopoli, 2023); il saggio di storia contemporanea Italiane d’Argentina. Storia e memorie di un secolo d’emigrazione al femminile (1860-1960) (Ananke Edizioni, 2013; 2014); l’antologia Italia Argentina ida y vuelta: incontri poetici (ebook Versante Ripido/La Recherche, 2017), in cui ha tradotto e intervistato otto autrici e autori argentini; l’antologia foto-poetica Maternità marina (Terra d’ulivi 2020), di cui è curatrice e autrice delle foto; i volumi antologici Confine donna: poesie e storie di emigrazione e Bestie. Femminile animale (Vita Activa Nuova, 2022 e 2023), di cui è rispettivamente curatrice e coautrice. È direttrice della rivista digitale “Poesia del nostro tempo”, redattrice della testata online “NiedernGasse” e della rivista “Margutte” e collabora con il blog “Portosepolto”, curando la rubrica Sillabari. Suoi testi poetici sono stati tradotti in spagnolo, serbo, romeno, greco, portoghese e turco.

Sulla stessa Autrice, leggi anche nel blog:
Tre poesie da “Tutta la terra che ci resta”, di Silvia Rosa
AA.VV., Maternità marina, a cura di Silvia Rosa e Valeria Bianchi Mian
Poesia (a Torino) in 10 righe # 18: Silvia Rosa
Tre poesie inedite di Silvia Rosa

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