“Procedendo a vista, con un po’ di male”, di Augusto Blotto, da “I mattini partivi” (Aragno, 2013)


Procedendo a vista, con un po’ di male

Con decisamente il fleurir
pianure gattano il sonno, e il ponticello
di liquor canapa, che imbeve sgrazio
(un accenno), botticella i tettucci, pieno
d’un pont’esile che è molto linfato
di debordo abbastanza distante e manicotto.

E’ pensoso croco, il vento ramazza ai terre
di selciato, concavi in verdor pantofola;
lo sta, gallo faticosissimo,
districando in falci di veste una sorridente
fedeltà occhiona, con gli sfogli
                                                      La curvatura
accentuata, alle prugne dei gesti
delle innumerevoli, collaterali, cose:
un treno abbandonatissimo
dà tuffo nella pianura manubrio
lucido di verde come un carbone
sguizzato?
                 Le celestine dell’addentare
a poco a poco le tracolle di curve
sanettano una valle sovranata, un croccare
di vermiglio e i pastoni (solchi) con la stellina,
il cinto estero della neve lungimiranza
sui galli di scocco e dello sfaldare, cromo
battisterante delle rocce di terra
fradice talvolta di virgulto; è grande
di manica (tela che sta dritta) la valle e il suo politico
di verde con i merli, che son sanguigni
al primo fischio del vino, è combattuto
da calabroni di immensi fastidi, o innumeri
gli uscioli di cuoio (l’occhiello del seme),
                                                                      e i rumori,
che assimilandosi alla tarsìa o la falce
cenciando di pestare, lo smilzo rubicondo
tiran giù in ciliegie di malloppi ben definiti
e col bordino o i taglielli, l’esprimere secato,
ballottine e cutanee un po’
                                               Una furia alberosa
rugge con la continuità attorno in ghiaiosa camera:
intendo lo sgusciarsi dell’albero, orchidea
pistonosa, molto bile e mosca, corsoia
quasi per la sua velocità, la statuina;
il gallato di far maiolicacce
di carne, i rumori, il risollevamento vapor
tetro (soldato, cubo) per scombinarsi con energicissimi uccellini,
con cavalloni (il diagonale del diamante, la pulsata o bandiera,
quella forma di sgabello del fluttuare)

marzo 1965
da
Da noi non (si) usa
(Tenera ammirazione di oggi)

da I mattini partivi, Aragno, 2013, pag. 65


Augusto Blotto,  (Torino, 1933) è forse il più prolifico poeta italiano, autore di una sterminata serie di volumi di poesia: “59 volumi di cui 22 editi e 4 attualmente disponibili in rete” precisa la quarta di I mattini partiviPoesie per un angolo di pianura 1951-2012, Nino Aragno Ed., 2013. Le biografie riferiscono dell’esordio con Magnanimità (1951),  Schwarz 1958 e che tra il 1957 ed il 1968 pubblica con Rebellato ben 17 volumi di poesie. Dopo il citato I mattivi partivi, Blotto ha pubblicato ancora In Francia e Autunno, Ed. Coup d’Idée, 2015 e Veramente, quando,  ADV Advertising Company, 2016, Ragioni, a piene mani, per l’ “enfin!” (diaforia Ed., 2021) e disposto sul suo sito (http://www.augustoblotto.it/home.html) una gran parte della sua produzione inedita.

La questione linguistica è talmente soverchiante, in tutta la fluviale produzione di Blotto, che è stata inevitabilmente posta al centro di quasi ogni esame critico della sua poetica che, estendendosi per oltre sessant’anni, s’imbatte nei residui tardo ermetici e nelle stagioni del neorealismo e della neo-avanguardia, restando fedele alla primazia di un lavoro “ lessicale più che sintattico” (G. Tesio), teso,  attraverso una straordinaria inventiva verbale, alla “costruzione di un linguaggio e dar voce a uno stile”. Nelle “migliaia di pagine [nelle quali] il poeta si inventa un suo linguaggio di demenziale protervia inventiva” (U. Eco) vengono compresse, ma non tacciono, altre questioni fondamentali quali la cifra visiva-visionaria dell’autore e l’oscurità del dettato. (A.R.)

Leggi anche, nel blog:
Due poesie di Augusto Blotto, da “I mattini partivi”, del 4 aprile 2022
Poeti (di Torino) in 10 righe # 3 – Augusto Blotto, del 18 gennaio 2021

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